mercoledì 17 febbraio 2010

CRISI AGRUMICOLA

CRISI AGRUMICOLA

Crisi agrumicola, parola che si sente da diversi anni ma fino ad ieri in qualche modo si è riusciti ad andare avanti, oggi è quasi impossibile.
Dopo i fatti, tragici, di Rosarno in Calabria, l’attenzione nazionale anche se per poco e per scopi del tutto giornalistici è ritornata sulla questione; trasmissioni televisive e politici nazionali si sono risvegliati.
Il problema è serio e complesso, la soluzione non è facile ed immediata, diversi i fattori: il mercato che ci penalizza a causa di una concorrenza di nazioni con costi di manodopera, e non solo, più bassi, la speculazione di alcuni operatori del settore, l’indifferenza di alcuni soggetti politici e sicuramente altro.
Il problema è nostro, ovvero Siciliano e Calabrese, piana di Catania e piana di Gioia Tauro tristemente si ritrovano un comune nemico la crisi agrumicola appunto.
Produttori e Commercianti da sempre nemici-amici, trovavano comunque un accordo che nel bene e nel male accontentava entrambi, ovviamente parliamo del passato.
Oggi il produttore se vende e se deve vendere è costretto a farlo a costi bassissimi ed assurdi, il commerciante deve a sua volta rivendere con le stesse modalità.
Sappiamo tutti che qualcuno ci specula e che ovviamente c’è chi guadagna anche troppo.
Gli aiuti del governo ovviamente servono, ma non risolvono il problema alla radice, oggi con gli aiuti (se arrivano) forse superiamo questo momento drammatico ma domani?
Io mi aspetto dalla politica, dalle istituzioni e dalle parti in causa, commercianti – produttori e tutti coloro che sono coinvolti, una seria riflessione che serva a trovare una soluzione per tutti.
Il buonsenso è la parola d’ordine, il nostro territorio non possiede pozzi di petrolio, giacimenti di diamanti o di oro, non vi sono purtroppo tante fabbriche (ce ne sono pochissime) quello che abbiamo è il sole (il mare) e queste buonissime arance che sono il nostro patrimonio; si può fare altro, qualcuno potrebbe dire e mi è stato detto, si è vero rispondo io, ma non possiamo permetterci di buttare quello che abbiamo ed aspettare “l’altro” se mai verrà, o meglio se mai si cercherà di crearlo, anche perché nel frattempo si perdono solo posti di lavoro con le dovute conseguenze.
Un marchio che garantisca la bontà del nostro prodotto e che lo identifichi come merita con l’aggiunta di una tutela da parte delle istituzioni nazionali, visto che gli accordi internazionali sia del settore che di altri secondo me non stanno funzionando a dovere, possono sicuramente fare bene alla nostra già precaria economia; non è sicuramente una cura che risolve il problema ma ci aiuterebbe, sperando che nel frattempo si creino le condizioni per valide alternative sul territorio.
Il disagio di molti compaesani che subiscono questa crisi dev’essere considerato un disagio comune ed è per questo che tutti dobbiamo chiedere a gran voce una soluzione.

Giuseppe Cataldo

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